Cambiamento climatico e uragano Harvey: fenomeni collegati?

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Cambiamento climatico e uragano Harvey: fenomeni collegati?

  • di: Redazione
  • Data: 30 Ago, 2017
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Il cambiamento climatico ha influenzato la potenza dell’uragano Harvey? L’analisi della meteorologa Serena Giacomin.

Certamente serviranno mesi e mesi di studi di attribuzione per quantificare il contributo del riscaldamento globale di origine antropica, cioè causato dall’uomo, in questo episodio. Tuttavia, ci sono senza dubbio importanti fattori legati al cambiamento climatico che non possiamo fingere di non vedere e che si possono già individuare, con confidenza, come elementi che hanno aggravato le inondazioni in atto.
In prima analisi c’è l’aumento del livello del mare, in parte dovuto a fenomeni di subsidenza d’impatto antropico, a seguito delle estrazioni petrolifere e del pompaggio delle acque sotterranee. Le coste del Texas hanno subìto un aumento anche superiore ai 15 cm negli ultimi decenni, centimetri sufficienti a rendere la costa più vulnerabile, aumentando gli effetti dell’onda di tempesta che si genera durante un uragano (chiamata storm surge) fino a farli diventare devastanti, o ancora più devastanti rispetto a come sarebbero stati pochi decenni fa.

In seconda analisi c’è l’aumento della temperatura superficiale del mare nel Golfo del Messico.
In questa regione il mare è molto caldo, ma negli ultimi decenni è diventato ancora più caldo: la temperatura superficiale è aumentata di 0,5°C (da circa 30°C a 30,5°C). Perché mezzo grado in più dovrebbe essere influente? C’è una relazione termodinamica, l’equazione di Clausius-Clapeyron, che lega temperatura ed umidità atmosferica: per ogni mezzo grado in più abbiamo un aumento di circa il 3% del contenuto medio di umidità atmosferica. Entrando nello specifico dell’uragano Harvey, venerdì 25 agosto 2017 le anomalie di temperature superficiali si aggiravano tra +0,5°C/+1°C, che si traduce in un +3/+5% in più di umidità atmosferica.

 

L’aumento dell’umidità atmosferica sopra il Golfo del Messico è da ritenersi, in termini semplici, un vero e proprio combustibile per un uragano di passaggio. Da notare infatti la transizione quasi da record di Harvey nel giro di 48 ore: è esploso in Uragano di Categoria 4 appena prima di toccare terra e fare Landfall, come dicono i nostri colleghi americani, e i modelli non erano riusciti a prevedere una tale esplosione energetica. Sottolineiamo che questa grande quantità di umidità a disposizione aumenta la possibilità che le precipitazioni diventino esageratamente abbondanti (oltre i 1000 mm!) e dunque amplifica esponenzialmente il rischio di inondazioni. Infatti Houston, attualmente, è una città sommersa.

 

In ultima analisi, molto importante anche se un po’ tecnica, andiamo a considerare un altro fattore rilevante: perché la tempesta è rimasta bloccata sulle stesse zone, tormentando le coste del Texas per giorni con un diluvio apparentemente infinito? La tragedia non è ancora terminata! Il modello atmosferico vede la mancanza di venti in quota (sopra gli 11Km di altitudine) in grado di dirigere la tempesta tropicale Harvey altrove. Al contrario Harvey è arrivato in un momento di grande espansione di un’alta pressione subtropicale distesa su gran parte degli Stati Uniti che ha bloccato il suo percorso, con una corrente a getto in quota (in gergo meteorologico Jet Stream) posizionata molto a Nord. Questo è un elemento meteorologico, cosa c’entra il cambiamento climatico? Ebbene, l’espansione dell’alta pressione subtropicale con carattere persistente è prevista dalle simulazioni che descrivono i cambiamenti climatici di origine antropica.

La conclusione? Il cambiamento climatico non ha causato la formazione dell’uragano Harvey, ma ha reso questo ciclone tropicale nettamente più devastante, aumentando il rischio di danni a strutture, ad interi ecosistemi, e mettendo in pericolo la vita di uomini e animali.